giovedì 7 novembre 2013

Topo (poema di leggende metropolitane e scarsa capacità d'integrazione)



Quando ero piccolo
giravano un sacco di leggende metropolitane
nel mio quartiere.
Adesso non so,
ho cambiato città
e non ho più dieci anni.
Son fuori dal giro.
La più tremenda tra tutte
le leggende metropolitane
era la leggenda metropolitana delle Big Babol
che erano fatte
col grasso di topo.
A quei tempi se qualcuno ti vedeva masticare una gomma
o fare un palloncino
subito ti chiedeva: “è una Big Babol?”
E se tu rispondevi di si, perché generalmente la risposta era si
Lui allora sbiancava e diceva:
“Che schifo! Ma non lo sai che le fanno col grasso di topo?”
E se tu dicevi: “impossibile”
Lui rispondeva: “ti giuro!”
E se tu dicevi: “fammi vedere”
Lui ti toglieva di mano il pacchetto e indicava un ingrediente,
di solito la lecitina di soia, e diceva:
“Visto?”
Quando è successo a me
“Lui” era un ragazzino biondo di undici anni
di nome Franco
che conoscevo a malapena
ma che già prima di tutto questo, così a sensazione,
mi stava sulle palle di brutto.
Quando è successo a me 
io
mi sono sentito malissimo
Perché mangiavo grasso di topo e mi piaceva
e soprattutto perché ero ignorante,
che pareva lo sapessero tutti
che le Big Babol erano fatte coi topi.
Io no.
Io non sapevo nemmeno
cosa fosse la lecitina di soia.
Ora, pensai, a causa della mia ignoranza
Franco avrebbe sparso la voce
che ero un depravato
che masticava i topi
e ci soffiava pure dentro
per fare palloncini
E che si faceva scoppiare
in faccia
quelle budella di ratto
appiccicose.
Ora ne avrebbe parlato
tutto il quartiere.
E poi anche la televisione.
Sarebbero venuti a prendermi
i carabinieri
o l’esercito
o la cia.
Pensai di fuggire
e chiedere aiuto
alle sole persone che potevano capirmi:
i Visitors!
Anche se loro
erano alieni e parlavano
la nostra lingua con quell'accento molto strano
e poi mi facevano un po’ schifo
e pure paura
con quella pelle squamosa
subdolamente nascosta
sotto la pelle normale.
E soprattutto loro i topi
(lo avevo visto in tv)
li buttavano giù
interi.
Non come facevo io,
che li tenevo un po’ in bocca
e quando non sapevano più di niente
li sputavo per terra
o li attaccavo sotto un banco.
I Visitors l’avrebbero trovata sicuramente
una mancanza di rispetto.
Allora poi da loro
non ci sono più andato.
Son rimasto a casa,
ma non sono venuti i carabinieri
a prendermi.
Non è venuto l’esercito
né la cia.
E comunque quello che mi aveva accusato
di rattofagia,
tempo dopo l’ho visto
al bar del circolo arci del mio quartiere.
Stava in piedi, nervosissimo
accanto a un tavolo con quattro vecchi
che giocavano a scopone scientifico,
bestemmiando pesantemente.
Aspettava che c apitasse
che suo nonno facesse una scopa
o prendesse il settebello,
per chiedergli mille lire.
L’ho seguito e ho scoperto
che con quei soldi Franco
ci comprava le Big Babol.
Il mio odio per le sue delazioni
s’è sciolto di colpo
e ho sentito
di volergli davvero bene.
Forse era solo che allora
come adesso
non avevamo abbastanza coraggio per confessarci la verità l’un l’altro.
Una verità troppo grande
per dei bambini.
Per quanto gli altri
siano diversi da noi
per quanto possano non piacerci
non dobbiamo mai
rifiutarli.
I Visitors
facevano schifo, si,
ma in fondo erano loro
ad avere ragione:
è buonissimo,
il topo 

af

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