giovedì 20 giugno 2013

Lo scalatore di parole

In uno sperduto e remoto angolo della terra, che come inizio fa schifo, viveva un signore nel suo maniero isolato, che essendo isolato e in un luogo per giunta remoto e sperduto, già dovrebbe dare l'idea che , così su due piedi, la storia quantomeno sarà cupa.
Il signore isolato nel luogo perduto dentro al suo maniero era solito ricevere visite solo il mercoledì mattina tra le 11 e le 11,49, non un minuto in più né uno in meno. Durante quei 49 minuti netti, si accompagnava con signore e signorine di luoghi  meno remoti e sperduti, attratte in tale luogo funesto, che termine antico e palloso, dalla leggenda che voleva, durante quegli incontri, il signore trasformarsi in un formidabile amante e che se rimaste gravide, dio neppure fossero bovini, il frutto umano di quel rapporto avrebbe avuta in dote la grazia di attirare su di sé ricchezze sterminate. Era accaduto già a quattordici signore e signorine che nei precedenti 8 anni e sette mesi, si erano presentate al maniero del luogo sperduto, e dentro all'alcova del signore, adagiate le loro voluttà, si è mai vista una voluttà appoggiarsi da qualche parte? a lui si erano concesse. Mah.
Ad ogni buon conto.
Non si sapeva cosa fosse che produceva tale incanto e neppure del signore s'indovinava l'età. Egli neppure la voce aveva, il corpo sempre coperto da un abbondante camicia da notte con solo in vista le mani, i piedi, il volto e una leggera fessura appena sotto la pancia da dove il sesso, il suo, indovinava l'uscita e l'entrata, che è poi un'immagine terribile.
Si diceva, nei villaggi meno remoti e sperduti, che in realtà quel maniero fosse il rifugio del diavolo, altri sostenevano che esisteva dai tempi dei tempi e che il signore era sempre lo stesso; qualcuno sosteneva d'aver sentito persino la sua voce nell'ultimo grande grido che scosse tutte le montagne. Sembra che dopo quel grande grido seguì un lungo periodo di silenzio, poi, una signora o signorina che si era perduta nell'andar a raccogliere castagne, si trovò a notte fonda a dover, in quel luogo sperduto e remoto, domandar riparo per la notte al signore ormai senza voce.
Dopo nove mesi, la signora o signorina, partorì un bimbo e appena due giorni dopo, la sua misera capanna di paglia, si trasformò in castello, con i merli e le torrette e il ponte levatoio e i terreni coltivati e tutti che, vedendolo e con lui la madre, si inchinavano servili. E fu così, ancora tredici volte durante i successivi  otto anni e sette mesi.

Poi uno si domanda la ragione delle favole da raccontare ai bambini. E si domanda anche il senso stesso della fantasia che le sostengono.
E poi arriva un giorno della sua vita che fa un grande urlo, perde definitivamente la voce, e per compensare quella perdita, scrive, scrive di continuo ed ogni volta che scrive una storia immediatamente, questa gli si rivolta e lui viene assorbito  dal foglio, s'impiglia tra le lettere che ha scritto e  continua riempire altri fogli altre pagine, cosi che, lettera dopo lettera, riga dopo riga, possa arrivare in fondo, come a costruirsi una scala di parole e uscire finalmente da quelle pagine, cadendo pesantemente a terra, come un block notes consunto.

mercoledì 5 giugno 2013

Favola senza fine

a una piccola musa.
C’era una volta una storia che adesso non vi sto a raccontare.
Comunque, semplificando molto, si riduce a un principe che, dopo incessante cercare, dopo aver affrontato il Sentiero di Nebbia, aver sconfitto il drago e la dragonessa, aver superato in astuzia lo stregone Brishek, attraversato la Palude delle Paure Silenziose, raggiunse in fine la Grotta del Mai, dove la sua principessa, bella come solo una goccia di rugiada sa essere, dormiva, vittima di un incantesimo.
Trovata la principessa il principe si chinò su di lei, deciso, come da tradizione, a svegliarla con un bacio. E perché fosse un bacio tanto potente da rompere l’incantesimo e riportarla alla vita, la baciò con tutta la passione di cui era capace, la baciò mettendo in quel bacio l’essenza della sua stessa vita.
E quando l’ebbe baciata, sfinito, svenne.
La principessa allora, destandosi dall’incantesimo, trovò il principe che giaceva accanto a lei e capì immediatamente ciò che lui aveva fatto. Capì che aveva mantenuto la promessa, in nome del loro amore, a costo della propria vita. Capì anche, per istinto qual’era l’unica cosa che ora poteva salvarlo e lo baciò con tutto l’amore di cui le si era riempito il cuore.
Lo baciò con così tanto amore che, alla fine, svenne.
Il principe risvegliandosi accanto alla principessa ancora addormentata fu molto triste, perché pensò che il suo bacio non era stato in grado di risvegliarla. Pensò di essersi sopravvalutato, di non essere in grado di donarle la salvezza che le aveva promesso. Pianse, pensando di non meritare l’amore di una così dolce creatura. Poi però pensò a tutta la strada che aveva fatto per arrivare fin lì, pensò che in fondo se aveva superato il Sentiero di Nebbia, il drago, la dragonessa, lo stregone Brishek e la Palude delle Paure Silenziose per giungere fino alla Grotta del Mai, non poteva certo arrendersi adesso. Decise allora che sarebbe andato oltre i propri limiti. Si chinò sulla principessa, le mise una mano dietro la nuca, le sollevò leggermente la testa, ammirò quei teneri occhi chiusi e poi la baciò con più energia di quanto avesse mai fatto in tutta la sua vita.
Quindi svenne.
La principessa aprendo gli occhi e vedendo il principe che giaceva accanto a lei, come prima cosa pensò: “che strana sensazione di deja vù!”. Subito dopo pensò: “È il mio principe, non sarà perfetto, ma ha fatto tanta strada, ha superato il Sentiero di Nebbia, il drago, la dragonessa, lo stregone Brishek e la Palude delle Paure Silenziose per giungere fino qui, alla Grotta del Mai, non posso abbandonarlo, glielo devo”. Gli scostò i capelli dalla fronte e prendendogli dolcemente il viso tra le mani spinse più forte che poteva le sue labbra contro quelle del principe, quasi le loro bocche dovessero diventare una sola.
Quando ebbe finito svenne.
Allora il principe si tirò su e subito si disse: “Zio cantante! Ho fallito ancora! Che cavolo di principe sono? No, no, no, questa è la mia principessa e io la devo svegliare! Sennò poi chi li sente gli altri principi il sabato sera al circolo dei principi?” E dopo aver preso un bel respiro si sdraiò accanto a lei, la abbraccio stretta e la baciò, deciso a non staccarsi da lei a costo della vita.
Svenne e scivolò di lato, accanto alla principessa.
La principessa, tirandosi a sedere e stropicciandosi gli occhi, disse: “Curioso, mi sento un po’ come un impiegato al lunedì mattina”. Poi scorse il principe e sbuffando disse: “Principe mio, io ti amo, ma voi uomini una cosa fatta bene dall’inizio alla fine mai, eh?” Ciò detto, si piego su di lui, lo baciò e svenne.
Il principe stiracchiandosi vide la principessa e lì per lì pensò: “Certo che anche io, zio cantante! Ma non potevo innamorarmi di una cortigiana qualunque? Ce n’era una fila lunga così, al castello” Poi vinto dal senso del dovere disse: “Va be’”, fece leva sui gomiti e rotolò sulla principessa, baciandola.
Svenne e ricadde di lato.
La principessa allora, tornando in sé e realizzando nuovamente la situazione penso: “Niente, aveva proprio ragione mamma.” Ma siccome avrebbe fatto qualunque cosa piuttosto che dare ragione a sua madre mise la bocca su quella del principe e lo baciò.
Lei svenne e lui si svegliò e, insomma, ormai come funziona l’avete capito, no?
È una favola che sul finale perde gran parte del suo romanticismo, non lo nego. E la morale mi sa che non c’è. O se c’è io sinceramente non l’ho capita.
Tuttavia, io non so dirvi in che modo farlo e sinceramente nemmeno ve lo consiglio, ma vi garantisco che se trovate l'inizio del Sentiero di Nebbia, sconfiggete il drago e la dragonessa, superate in astuzia lo stregone Brishek e oltrepassate la Palude delle Paure Silenziose, be’, allora lì, dentro la Grotta del Mai, se vi affacciate e guardate, magari senza farvi vedere, ecco lì potrete vedere qualcosa che quantomeno a un lieto fine un po’ ci somiglia.
Un principe e una principessa che probabilmente non vivranno mai felici e contenti, e che però si baciano l’un l’altra.
Per sempre.